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Il mio bracciale tintinna! Che fare?

Dr. N

Avete capito il motivo per cui un orologio meccanico è superiore a uno al quarzo. Avete scelto di acquistare un orologio subacqueo perché ritenete che la robustezza di una cassa in acciaio e l’impermeabilità siano caratteristiche utili nella vita quotidiana, anche se il posto più umido che il vostro Seiko Prospex vedrà è la doccia di casa.

Ora, siete tornati tutti contenti a casa con il vostro acquisto, lo avete messo al polso, regolato il bracciale e, dopo una settimana o due, vi siete accorti che i finali fanno rumore, tintinnano, con un rumore che ai vostri orecchi pare un sonaglio, anche se nessun altro in ufficio o in famiglia se n’è accorto.

Il vostro rapporto con il nuovo balocco – siamo seri, la differenza tra uomini e bambini è solo il costo dei giocattoli – è irrimediabilmente rovinato? Non potrete mai più indossarlo? Assolutamente no. Esistono molti modi per ovviare al problema del tintinnio e, prima di arrendersi e cambiarlo – no, fare a meno dell’orologio o peggio ancora accettare lo smartwatch non sono opzioni moralmente accettabili -, è il caso di tentare di mettere a posto il bracciale.

Ecco quindi una guida passo passo per mettere a posto il bracciale del vostro orologio subacqueo economico. O meglio, per allineare l’esperienza d’uso alle vostre aspettative: perché in realtà, anche un bracciale che tintinna non è poi questo gran dramma…

Alcuni orologi tipo diver di Seiko e Orient, due dei marchi più abbordabili tra i produttori di subacquei meccanici

Fase uno: capite cosa volete

Partiamo dagli assunti di base: Citizen, Seiko, Orient e altri produttori di successo ci hanno abituato troppo bene. I moderni metodi produttivi consentono di avere orologi subacquei a carica automatica robusti, affidabili, che tengono bene nel tempo l’impermeabilità e che garantiscono discreta precisione, a costi bassissimi. Un orologio Orient automatico, subacqueo a venti atmosfere, è reperibile agevolmente per meno di duecento euro, in taluni casi persino a meno di centocinquanta. Il prezzo di vendita di un bracciale aftermarket con finali pieni per questi modelli è di settanta euro. È evidente che nel settore degli orologi subacquei, il bracciale rappresenta uno dei maggiori fattori di costo.

Un produttore di orologi subacquei economici ha bisogno di far quadrare diverse esigenze contrastanti, per soddisfare le fantasie avventurose degli impiegati d’oggi, sempre più simili al personaggio stilleriano di Walter Mitty nelle loro richieste di robustezza orologiera che mai sfrutteranno realmente. Un diver deve essere robusto per resistere agli impatti, ben disegnato e lavorato per non sfigurare in ufficio, garantire l’impermeabilità, avere un rotore che carica nonostante la sedentarietà dell’utente, il tutto a prezzi concorrenziali. Normale quindi che, se si deve risparmiare su qualche aspetto dell’orologio, si andrà a tagliare sul bracciale.

Per poter vendere qualcosa di simile a meno di duecento euro, qualche risparmio sul bracciale è inevitabile

Il problema, in realtà, non sono gli orologi o chi li fa. Sono gli acquirenti che, avvezzi ai progressi dell’informatica, pensano di poter pretendere dai produttori di beni fisici una serie interminabile di migliorie tecniche. Dimenticando che un conto è realizzare un software più prestante facendolo girare su processori via via più potenti, altra cosa è costruire un oggetto metallico con tecnologie che più o meno rimangono costanti nel tempo.

Vale la pena, peraltro, di menzionare che la ragione per cui vi sono continui progressi nel campo dell’elettronica di consumo è che vi sono immani investimenti volti a produrre processori via via più prestanti, investimenti direttamente provenienti dall’unico settore che non può conoscere crisi in quanto necessario al mantenimento degli equilibri di potere globali: il comparto militare. Negli anni della Seconda Guerra Mondiale avvengono progressi nella metallurgia e nella logistica: le saldature rimpiazzano i rivetti, i muletti coi pallet sostituiscono i sacchi caricati a mano. Negli anni che stiamo vivendo, i droni e la c.d. intelligenza artificiale sono tecnologie di massimo interesse militare, pertanto gli investimenti delle due maggiori potenze, Cina mediante la partecipazione statale diretta nei complessi industrial-tecnologici, Stati Uniti mediante investimenti miliardari della DARPA, l’Agenzia per i progetti avanzati del Pentagono. Oggi come oggi, le tecnologie metallurgiche non sono una priorità militare, pertanto lo Stato non vi investe, ed essendo troppo bassa la probabilità di avere un ritorno sulla spesa il privato non arrischia capitali – come in effetti non ha mai fatto: tutte le innovazioni degli ultimi cento anni sono nate dal comparto militare -. Ecco perché non abbiamo orologi stratosfericamente migliori di quelli di trenta anni fa, bensì una serie di piccole, continue migliorie e aggiornamenti.

Fase due: capite cosa offre il mercato

Oggi come oggi, sempre più proposte affollano il mercato degli orologi subacquei, mentre sono tutto sommato contenute le alternative relative ai bracciali e ai cinturini. Possiamo quindi fare uno schema generale delle opzioni disponibili per tenere l’orologio attaccato al vostro polso.

  • Scelta numero uno: il bracciale. Se siete in grado di superare le fisime da primo mondo e di accettare qualche tintinnio, il bracciale fornito di serie con gli orologi di qualunque marca è già adeguato. Ci sono poi degli accorgimenti da seguire: un ampio spazio fra le anse sottopone a maggior stress ansine e finali, a causa della maggior leva che viene su questi esercitata, deformandoli. I finali vuoti sono più soggetti al tintinnio rispetto ai finali pieni. Le casse grandi e pesanti stressano maggiormente il bracciale. I bracciali completamente in lamiera stampata, come quelli Vostok, strappano i peli.
  • Scelta numero due: il cinturino in gomma. È la scelta più indicata se utilizzate molto l’orologio in acqua e non volete scendere a patti con i limiti naturali di un bracciale economico. Consigliamo di puntare sulla qualità: un cinturino ben fatto, di buon materiale, magari sagomato per adattarsi alla cassa del vostro orologio, non costa poi troppo.

L’Orient Ray II visto nella foto sopra, ma equipaggiato con cinturino in gomma

  • Scelta numero tre: il cinturino in stoffa. Sarebbe al secondo o addirittura primo posto, non fosse per il fatto che stiamo parlando di orologi subacquei, ossia di segnatempo fatti per bagnarsi. Il cinturino in stoffa non si danneggia bagnandosi, se di qualità dignitosa, ma rimanere con un laccetto umido intorno al polso dopo la doccia risulta spiacevole per la rammollita gioventù d’oggi, soprattutto in inverno. Se siete disposti a sopportare il tremendo supplizio, o a togliervi l’orologio prima della doccia – vi assicuriamo che rimarrà subacqueo anche se non lo bagnate ogni giorno, non si disabitua – è un’ottima scelta. Se NATO, è anche molto facile cambiarlo senza smontare le ansine: questo è il motivo per cui hanno grande successo oggi NATO e ZULU.

Un cinturino NATO bicolore

  • Scelta numero quattro: il cinturino in pelle. Cosa c’entra con un orologio subacqueo? Nulla. Ma nel contesto dell’ufficio dove lo porterete per la maggior parte del tempo – non fate finta di niente, lo sappiamo che è così -, un NATO in pelle scamosciata si abbina molto bene al quadrante blu del vostro diver di tendenza.

Ho capito, ci sono i bracciali, i NATO e i cinturini in gomma. E il mio tintinnio?

Nel prossimo articolo, vedremo come risolvere il problema  – più che altro di percezione – del tintinnio. Tireremo poi le somme sulle alternative disponibili per gli utilizzatori i cui sensibili nervi sono eccessivamente messi alla prova dai rumorini di un bracciale economico.

Vi abbiamo ingannato, promettendovi una soluzione, in un solo articolo, di un problema in realtà ineliminabile e perlopiù esistente solo nella mente di chi si fa troppi problemi riguardo al proprio orologio? Sì, e per dirla con le parole di XXXXX (a voi scoprire a chi alludiamo!), “Guardi, se lei un domani avrà responsabilità redazionali in Chronosect, scriverà lei gli articoli e assumerà lei le decisioni sulla linea editoriale”.

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